La bellezza salverà il mondo Lev Nicolaevic Myskin


martedì 11 maggio 2010

Meine freie deutsche Jugend - La Stasi dietro il lavello

“La Stasi dietro il lavello”. Questo il titolo che il professore cosentino Franco Filice ha scelto per la versione italiana da lui sapientemente curata de “Meine freie deutsche Jugend” di Claudia Rusch. In questo libro, la scrittrice tedesca ha raccolto le sue memorie di piccola abitante della DDR. Rispetto alla vastissima produzione sul tema dell’Europa e della Germania divise, la Rusch fornisce ai lettori un’ immagine inedita di quel periodo storico, puntando l’accento sulla sua irriducibile soggettività, che già in tenera età rivendicava i suoi spazi e la sua autonomia. Si tratta di racconti che hanno la forza della storia, la delicatezza dell'autobiografia e l'ironia sincera e veritiera dei bambini. Questi gli strumenti necessari per acquisire consapevolezza politica e sociale di eventi che forse sembrano precipitare inesorabilmente nel momento in cui si verificano. Per parlare di un regime e della sua retorica, l’autrice utilizza quindi una personale “lingua laica” dal tono ironico e confidenziale, con il gusto della “scena minima”. Pienamente rispettato dal curatore il registro linguistico, la cui efficacia conferisce potenza e carattere alle pagine italiane. Tale scelta stilistica è letteraria ma non solo. La Rusch in questo modo scrive liberamente della DDR tutta intera, una DDR che come tutte le realtà socio-politiche è profondamente eterogenea e che sarebbe illecito classificare soltanto come un momento dialettico della storia. Affiorano dunque dai racconti sentimenti ambivalenti e contraddittori: insofferenza per gli spazi ristretti del totalitarismo e amore incondizionato per il mondo cui, nonostante tutto, si appartiene. Questa “spaccatura” è una cifra pregnante sia dell’esperienza autobiografica sia del libro in sé. Racconti come “La mela candita di Honecker” e “Il discorso” ne sono esemplificativi: Claudia da bambina e da ragazza vuole travalicare i limiti del consentito, vuole sentirsi libera di scegliersi la sua DDR. Quella che le si presenta davanti agli occhi è invece una realtà che spesso non capisce e non condivide e con la quale non può interagire. Tutte le considerazioni della sua fortissima personalità, trovano spazio solo in sé stessa. L’autrice descrive questo suo stato interiore in maniera brillante utilizzando l’espediente retorico della “freddura”. Questo rappresenta in maniera molto efficace il cortocircuito che fa il giudizio puro e semplice di una ragazzina con l' "indottrinamento" del regime. Una non corrispondenza, un qui pro quo continuo che trova inattese risoluzioni solo con il tempo. Che gli scarafaggi fossero insetti non sembrava essere una considerazione sciocca per Claudia, alla quale questo nome riportava alla mente i poliziotti della Stasi, il volto ufficiale della DDR. I nomi degli alberi non hanno nulla a che fare con le creature della natura, ma sono nomi in codice che per lei, appartenente alla sfera dei dissidenti politici, deve temere in quanto spie. Se è vero tutto ciò, è pur vero che Claudia Rusch riconosce ad alcuni cittadini della DDR un ruolo determinante per la sua vita e per la sua crescita personale: la preside della scuola che, per la prima volta, non mortifica la sua intelligenza vivace e fuori dal comune stimolandola continuamente a perseguire obiettivi differenziati, l’amichetta Peggy che prende le sue difese smascherando con una breve arringa fanciullesca e disarmante l’ipocrisia cieca del professor Petzke, la compagna conosciuta al campo estivo di matematica Andy con la quale sente di condividere tanto.
L’immagine che emerge dalla raccolta è quella di una DDR a due facce che, se da un lato intimorisce e mortifica, dall’altro non impedisce alla scrittrice di sentire il forte legame con la sua infanzia e con la sua gioventù trascorsa con i ritmi fisiologici all’interno del suo sistema, il passaggio all’età adulta stigmatizzato dal rito della Jugendweihe.
Nel 1989, quando giunge la notizia della caduta del muro, Claudia Rusch si reca a Berlino-Ovest. Sente di avere un debito da colmare. Quando in un bar ordina un succo di banana, le torna alla mente una vecchia barzelletta sulla DDR. “Perché la banana è curva? Perché per evitare la DDR deve girarle intorno!” Così recitava la barzelletta. Ma se le banane nel suo paese non avevano diritto di cittadinanza, lei la cittadinanza l’aveva eccome. Dopo l’immersione nei colori e nella varietà di Berlino Ovest, Claudia torna nella sua DDR mostrando all’agente il suo documento di riconoscimento.
Questo aneddoto, uno dei tanti del libro, testimonia la posizione dell’autrice nei confronti della DDR. Una posizione mediana, che non tende a nessun estremismo critico né ad apologie a posteriori, una visione lucida quella della Rusch. Attraverso il racconto delle sue esperienze, rende oggettivi e tangibili quegli anni di storia, presentando così una DDR che non è composta esclusivamente da una serie di Honecker o di Mielke. L’autrice ha fornito con questo libro un approccio di analisi nuovo, che permette al lettore di comprendere meglio i presupposti e le dinamiche di quel processo di riunificazione che, come scrive il politologo Prantl, è costato alla Germania come uno sbarco sulla luna.

Federica Giordano

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