La bellezza salverà il mondo Lev Nicolaevic Myskin


martedì 14 aprile 2009

SOLITUDINE E SOLIDARIETA'
Saggi su Sartre, Merleau-Ponty e Camus
Aniello Montano

Aniello Montano ha recentemente presentato il suo libro “Solitudine e solidarietà, saggi su Sartre, Merleau-Ponty e Camus", edizioni Bibliopolis.
Aniello Montano, attualmente Professore di Storia della Filosofia presso l’Università di Salerno, ha insegnato all’Università di Genova dal 1988 al 1991. Collabora con riviste specialistiche e ha pubblicato numerosi saggi sui Presocratici e su Platone, ha tradotto e introdotto opere di Hobbes e Spinoza. È inoltre un esperto conoscitore di Giordano Bruno.
suo ultimo libro, Montano analizza l’esistenzialismo francese che, con il suo profondo radicamento all’interno della fenomenologia, si afferma nel periodo a cavallo tra le due guerre, periodo in cui le analisi di Kierkegaard trovano un corrispettivo riscontro storico nella considerazione dell’uomo e dell’esistenza. Gli anni Trenta del Novecento vedono dunque la crisi della “coscienza europea”, coscienza che affondava le sue radici filosofiche nelle categorie kantiane. Kant aveva legato la storia e la natura in modo tale da far risultare la prima “scenario necessario” per lo svolgersi della seconda, le cui leggi risultano essere una sorta di mano invisibile che regola gli accadimenti, proprio come la mano invisibile invocata da Smith per regolare il mercato. Secondo Kant dunque, la libertà dell’uomo è necessità; necessità di cui però non si ha consapevolezza. Kierkegaard invece non individua un processo dialettico alla base delle azioni degli uomini, l’esistenza è legata al concetto della possibilità e le scelte sono operate al buio, con tutto il peso della consapevolezza che questa entrerà poi a far parte dell’individuo stesso. Ecco dunque trovata l’origine della “responsabilità”, concetto ripreso anche da tutte le “etiche” del Novecento.
Una volta chiarite queste due posizioni contrastanti (Kant e Kierkegaard), è possibile inserire anche l’Esistenzialismo in un contesto filosofico preciso. I tre pilastri di questa corrente (Sartre, Marleau-Ponty e Camus) cercano di strappare l’uomo dalla prigione della sua individualità e della sua solitudine disperante ricercando un varco di salvezza che consenti l’incontro costruttivo e positivo tra gli individui.
Dopo queste premesse generali, Montano si sofferma sulle posizioni dei singoli autori con il suo stile chiaro e scorrevole. Sartre rifiuta il solipsismo (L’essere e il nulla) e giustifica questa posizione con l’intuizione hegeliana per la quale il rapporto “io e l’altro” approda ad un legame sintetico e attivo. Si tratta della solidarietà. Ogni tentativo intersoggettivo, pur carico di tensioni e speranze, arriva però ad una delusione e ad una nuova sconfitta.
Marleau-Ponty, discostandosi da Sartre, imposta la sua analisi filosofica in maniera diversa: il punto di partenza è “l’essere nel mondo” (che sicuramente ricorda il “Dasein” di un altro importante esistenzialista, il tedesco Martin Heidegger). Centro di questo “sistema” è una pluralità di coscienze che non sono separate dal corpo. Ogni psiche è incarnata e vede il mondo solo nell’ottica della propria azione, e non come una realtà ontologica indipendentemente esistente. Da questa posizione, consegue una concezione dell’intersoggettività positiva e non antagonistica. “Ogni individuo è tessitura del mondo”
L’esperienza di Camus parte invece da un nichilismo di matrice nietzschiana, che vede il mondo e l’esistenza legate dal segno dell’ “assurdo” dovuto al fatto che esiste una crepa profonda tra idea e praticità. La rivolta (ne La peste e L’uomo in rivolta) è la fuoriuscita del singolo dalla propria solitudine e tende alla solidarietà e al cum-patire. In questo modo, si giunge ad una deificazione della specie, che con il suo ideale di oltre-umanità (ϋbermensch) assicura la salvezza di tutti.
Camus recupera su queste basi una serie di valori quali l’amore per il prossimo, l’amicizia, la lealtà e la sincerità, il senso di “partecipazione”. A questo proposito critica l’immagine romantica dello “scrittore”, uomo solitario chiuso nel suo mondo ideale e fittizio, critica i due estremismi di Hegel (Idealismo) e di Marx (Materialismo) preferendo a questo l’ideale classico della “metriotes”, ovvero del senso della misura.
Illuminante è stato l’intervento dello stesso Montano alla fine della serata. Questi, con grande umiltà, ha affermato: “la filosofia, nonostante non sia praticata, attiene alla vita e al nostro progetto esistenziale”. L’uomo, afferma l’autore, è come un bambino soggetto a “febbre di crescenza”. Questa metafora fa riferimento alla natura “necessitaristica” degli uomini che hanno bisogno di punti di riferimento fermi e di sicurezze che hanno una valenza quasi esclusivamente “curativa”. Infatti gli individui sono persone a più facce, non esiste personalità che non sia soggetta al relativismo e all’incongruenza dei principi condivisi e non. Montano conclude sottolineando l’importanza del Cristianesimo ai fini della “conservazione” dell’individualità aggiunge che la riflessione filosofica deve portare ad un dialogo etico e civile e non ad una polemica astratta.
Federica Giordano

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